Solo i condòmini possono contestare le delibere condominiali

Data: 22 settembre 2020

La Corte di Cassazione ribadisce come nel condominio edilizio i soli partecipanti abbiano la facoltà di impugnare le deliberazioni dell'assemblea

L'art. 1137 c.c. riconosce a ogni condomino assente, dissenziente o astenuto il potere di impugnare le delibere assembleari (contrarie alla legge o al regolamento di condominio) innanzi all'autorità giudiziaria. Tale norma, lungi dall'estendere indiscriminatamente la possibilità di impugnare la delibera assembleare, di fatto circoscrive tale possibilità ammettendo che essa spetti solo all'assente, al dissenziente e all'astenuto. Inoltre, dallo stesso dettato normativo emerge chiaramente come solo un soggetto che riveste la qualità di condomino sarà legittimato a impugnare la delibera assembleare. Tale assunto è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 19608/2020, nella pronuncia originata dal ricorso di una società che aveva impugnato ex art. 1137 c.c. una delibera assembleare. Domanda respinta dai giudici di merito.

In sede di legittimità, su eccezione del Condominio controricorrente, la Suprema Corte rileva un difetto di legittimazione attiva a impugnare la deliberazione dell'assemblea condominiale. La società che aveva promosso domanda in origine e che non avrebbe potuto secondo i giudici considerarsi come una condomina, aveva infatti cumulato la propria domanda all'impugnazione ex art. 1337 avanzata effettivamente dalla società immobiliare proprietaria dell'appartamento che rivestiva invece tale qualità. Nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado, la ricorrente aveva esposto di essere "utilizzatrice in leasing" di un'unità immobiliare compresa nel Condominio, benché fosse stata autorizzata a promuovere l'azione. Dichiarandosi conduttrice in forza di locazione finanziaria, precisano gli Ermellini, la società aveva dunque negato di essere condomina sulla base della stessa prospettazione dell'azionata pretesa.

Deliberazioni assembleari: solo i condomini possono impugnarle

La sesta sezione civile, nell'ordinanza in commento, richiama un precedente orientamento (cfr. Cass. n. 27162/2018) secondo il quale nel condominio edilizio, così come in ogni forma di comunione, i soli partecipanti hanno la facoltà di impugnare le deliberazioni dell'assemblea. L'art. 1137 c.c., si legge nel provvedimento, è chiaro nell'affermare che le deliberazioni prese dall'assemblea sono obbligatorie "per tutti i condomini" (comma 1) e che contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni "condomino" assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento (comma 2).

Facendo applicazione dei generali principi enunciati dalle Sezioni Unite (cfr. sent. n. 2951/2016), lo status di condomino, e cioè di "avente diritto" a partecipare all'assemblea e perciò ad impugnarne le deliberazioni, attiene evidentemente alla legittimazione ad agire ex art. 1137 c.c., ovvero al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare. In conclusione, "la legittimazione ad agire per impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea manca tutte le volte in cui dalla stessa prospettazione della domanda emerga che l'attore non è un condomino, e la relativa carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice".

Rilevabilità del difetto di legittimazione attiva

È inevitabile, precisa la Cassazione, che l'accertamento del difetto di legittimazione a impugnare la deliberazione dell'assemblea non sia soggetto a preclusioni, non potendosi accordare siffatta azione a chi, alla stregua della sua stessa domanda, non abbia titolo per farla valere. La Suprema Corte precisa, dunque, che il "difetto di legittimazione attiva", da valutarsi in base allo schema normativo astratto al quale si riconduce il diritto fatto valere in giudizio, è rilevabile anche nel giudizio di legittimità, allorché, come nel caso in esame, non si sia formata sulla sua esistenza cosa giudicata interna (per essere stato il punto ad essa relativo oggetto di discussione e poi di decisione rimasta priva di impugnazione) e la questione emerga sulla base dei fatti legittimamente prospettati davanti alla Corte di Cassazione e, dunque, nel rispetto dei limiti entro i quali deve svolgersi l'attività deduttiva delle parti negli atti introduttivi del giudizio di legittimità. E neppure si ritiene che la decisione della causa nel merito comporti ex se la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire ove tale "quaestio iuris" non sia stata sollevata dalle parti, posto che una questione può ritenersi decisa dal giudice di merito soltanto ove abbia formato oggetto di discussione in contraddittorio (cfr. Cass. 23568/2011).

Irrilevante l'autorizzazione alla conduttrice

Non rileva, nel caso di specie, la dedotta "autorizzazione" alla ricorrente da parte della locatrice. Alla stregua della regola dettata dall'art. 81 c.p.c., precisa la Suprema Corte, fuori dai casi espressamente previsti dalla legge di sostituzione processuale o di rappresentanza, nessuno può far valere in giudizio un diritto altrui in nome proprio.

Quanto ai pregiudizi che la conduttrice potrebbe subire dall'approvazione di una determinata deliberazione dell'assemblea condominiale, ove la stessa, in particolare, arrechi molestie al diritto personale godimento della utilizzatrice mediante impedimenti concreti o attività materiali ostative, il Collegio ritiene che tale situazione possa semmai giustificare il ricorso alle tutele di cui all'art. 1585 c.p.c., e non l'auspicato ampliamento della legittimazione alla impugnazione ex art. 1137 c.c. (cfr. Cass. n. 7609/1987). Neppure ha rilievo, al fine di giustificare la legittimazione concorrente all'impugnativa da parte della utilizzatrice in leasing, constatare che la delibera era stata comunque utilmente impugnata in origine anche dalla condomina (la società immobiliare) effettivamente legittimata a proporre tale azione, o argomentare sulla non efficacia nei confronti della ricorrente del giudicato formatosi nei confronti della medesima condomina.

La sentenza di annullamento di una deliberazione assembleare, ribadisce la Corte, ha effetto sempre soltanto nei confronti di tutti í condomini, ovvero degli effettivi componenti dell'organizzazione condominiale, in coerenza col disposto del primo comma dell'art. 1137 del codice civile.

Fonte: Condominioweb 

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